2. Concetti base del Poker Cash Game
La principale differenza tra il cash game e i tornei, come è già stato introdotto prima si può riassumere in un concetto molto semplice: il valore effettivo del nostro stack è identico al suo valore nominale, e questo è vero in ogni momento della partita.
Nei tornei sappiamo bene che non è così, in quanto i premi vengono distribuiti in funzione della posizione in cui si è eliminati, e il premio più grande viene assegnato a chi, avendo eliminato tutti gli altri giocatori, si ritrovi alla fine in possesso di tutte le chips presenti in gioco. E’ quindi teoricamente possibile che un giocatore mantenga inalterato il proprio stack dalla prima mano all’ultima e arrivi secondo, ‘sopravvivendo’ a tutti gli altri, e vincendo quindi una buona fetta del montepremi pur non avendo incrementato il suo stack. Ovviamente si tratta di un esempio estremo, ma utile a fissare il concetto. Utilizzando l’ICM (Independent Chip Model), nei tornei, è possibile determinare il “nostro” valore in un determinato momento. Tale valore può essere calcolato in funzione di diversi parametri, ovvero il nostro stack, il numero di giocatori rimasti, e lo stack di ognuno di loro. Tutto ciò fa si che le dinamiche di gioco siano molto differenti nel cash game. E, apparentemente, ci mostra il cash game come un gioco più semplice. ln realtà il cash game è considerato un gioco più 'skill intensive', ovvero maggiormente condizionato dall'abilita dei giocatori, pur essendo un gioco semplificato dai calcoli relativi all'ICM. Questo accade perché, mentre nei tornei affronteremo tipicamente fasi in cui gli stack al tavolo saranno piccoli rispetto ai bui, e saremo quindi in condizioni decisionali limitate (Ia cosiddetta fase push/fold), nel gioco poker cash giocheremo spesso ”deep” ,quindi con un numero di BB (Big Blind, Grande Buio) che ci obbligherà ad un livello di pensiero più profondo. lnfatti giocando con 10BB, se non meno, come succede spessissimo in fasi anche decisive dei tornei, dovremo prendere solo una decisione preflop. Giocando con 100BB, come avviene solitamente nel cash, dovremo prendere decisioni preflop, sui flop, sui turn e sui river, e valutare con molta attenzione sfumature cui magari non abbiamo mai fatto caso giocando un sit & go.
Uno dei concetti su cui il poker si basa, è quello dell'expected value (EV), ovvero il valore atteso. Quando mettiamo dei soldi sul piatto, non dobbiamo considerarli più nostri. Nostra sarà a questo punto una parte del piatto, che dipende dal valore della nostra mano, dall'azione degli altri giocatori, dal valore delle loro mani, e dalle carte che devono ancora uscire. Ovviamente tutte queste sono considerazioni valide per il 'lungo periodo': nella mano che stiamo giocando il piatto verrà vinto, perso o diviso. Facciamo un esempio semplicissimo per chiarire il concetto: siamo ad un tavolo cash NL200 (bui1€/2€), tutti i giocatori hanno passato, lo SB rilancia all-in per un totale di 200€. Noi chiamiamo con AA e ci troviamo in all-in contro KK. II piatto a questo punto sarà di 400€, e le nostre probabilità di vincere sono circa dell'82%. Significa che a noi, sul lungo periodo, toccherà l'82% del piatto, ovvero 328€, a fronte di una nostra puntata di 198€ (i 2€ del BB sono già nel piatto, quindi non dobbiamo considerarli più nostri). L'EV è quindi di 130€ (328€-198€). L'EV dell'avversario è invece di -127€ (72€-199€). Le dinamiche del cash game fanno si che il calcolo dell'EV non sia nella pratica sempre così semplice. lnfatti non ci troveremo a giocare contro una mano conosciuta, ma contro due carte coperte. E gli scenari possono essere diversi, con più giocatori coinvolti. Ogni nostra azione al tavolo cash porta in se un EV. Ed il nostro scopo deve sempre essere di riuscire a fare mosse a EV positivo. Proviamo a fare un altro esempio dove noi non conosciamo le carte dell'avversario. Siamo sui BB, e abbiamo KK. Lo SB rilancia 8€, noi 3bettiamo fino a 24€, l'avversario pusha rilanciando fino a 200€. Noi a questo punto possiamo chiamare o passare, e dobbiamo scegliere qual è l'azione migliore. Non conosciamo le carte del nostro avversario, ma possiamo assegnargli un 'range', ovvero su un intervallo di mani che probabilmente ha in mano. Questo in base alle informazioni che abbiamo su di lui, e alia sua action,che è qui molto aggressiva. Poniamo di trovarci di fronte ad un giocatore molto 'tight', che fa quindi una puntata in ail-in con un range molto stretto. ln questo caso le sue carte potranno essere 1010+, AK. Contro questo range, abbiamo il 66% di probabilità di vincere il piatto. Potremo trovare infatti AA e avere il 18%, AK ed avere il 69%, o QQ e avere 1'82%. In media avremo il 66%. Detta probabilità serve a calcolare la cosiddetta 'equity', ovvero la parte di piatto che nel lungo periodo sarà nostra. Se decidiamo di chiamare, dobbiamo aggiungere 176€. Quindi avremo un'equity pari al 66% del piatto, ovvero a 264€. Il nostro EV sarà quindi di 264€-176€, ovvero di 88€. Facciamo lo stesso esempio con un'altra mano forte: JJ. In questo caso, I'equity contro lo stesso range (1010+, AK) sarà del 43%, ovvero 172€. Dovendo aggiungere 176€ per chiamare, avremo un EV negativo di 4€, e quindi sarà conveniente foldare i nostri Jack.
Il poker sappiamo essere un gioco ad informazione incompleta. Ed andando avanti nella mano, superando la fase del preflop, si aggiungono informazioni. Per questo è importantissima la cosiddetta ‘posizione’, ovvero parlare dopo l’avversario. In ogni momento della partita, quando tocca a noi effettuare un’azione, dovremo essere in grado di calcolare l’EV della stessa. Per farlo dovremo utilizzare tutte le informazioni in nostro possesso in quell’istante. Dalle informazioni relative al giocatore, quindi, a quelle relative alla sua ‘action’ fino a quel punto della mano. Nel gioco post flop, spesso ci troveremo in ‘draw’, ovvero non avremo una mano completa, ma, per esempio, due carte di cuori con due cuori a terra, piuttosto che J10 su flop KQ3. Per capire se dobbiamo chiamare una puntata in questi casi, è essenziale capire il concetto di ‘Pot Odds’. Le pot odds sono semplicemente il rapporto tra la puntata che dobbiamo chiamare e l’importo del piatto. ad esempio, se il piatto è di 40€, e per chiamare dobbiamo mettere 10€, le nostre pot odds saranno di 4:1. Questo calcolo va comparato con la probabilità di chiudere il nostro punto, per giudicare se il call è conveniente o meno. Le pot odds vanno quindi comparate alle odds di chiudere il punto. Per esempio, se abbiamo 4/5 di colore, e dobbiamo chiamare una puntata sul flop, le nostre odds di chiudere il punto al turn, saranno calcolate così: Odds=cs:cu, dove cs sono le carte sfavorevoli rimanenti nel mazzo e cu sono le carte utili per chiudere il nostro punto. al flop nel mazzo ci sono 47 carte ‘sconosciute’ dato che dovremo togliere alle 52 le nostre 2 oltre alle 3 sul board. nel caso di un colore ci sono quindi 38 carte ‘sfavorevoli’ e 9 carte favorevoli, quindi le odds saranno uguali a 38:9, ovvero circa 4,2:1. non avremmo quindi le odds per chiamare la puntata, se il gioco si chiudesse al turn senza la possibilità di puntare ulteriormente. Ed è qui entra in gioco il concetto di ‘implied odds’, secondo il quale bisogna includere, oltre al valore del piatto, quanto si può ricavare dalla mano nelle puntate successive. Determinare le implied odds correttamente richiede esperienza e informazioni sugli avversari, che si acquisiscono nel tempo. calcolare le implied odds significa ‘prevedere’ cosa succederà più avanti nella mano. Se, nel caso di draw a colore, ad esempio, stimiamo che il nostro avversario chiamerà una nostra puntata pari a metà del piatto, il che è spesso plausibile, allora ci converrà chiamare per la probabilità di chiudere il nostro draw. Un esempio classico delle implied odds è dato da quando ci troviamo in late position con mani speculative come le coppie piccole e ci troviamo di fronte ad un rilancio. Le odds di floppare il tris, sono di circa 8,5:1. Quindi non abbiamo le pot odds per chiamare, ma lo faremo per via delle implied odds, ovvero per quanto potremo ricavare dalle puntate successive se ‘centriamo’ il flop. Nel cash game dovremo calcolare le implied odds molto più spesso, rispetto ai tornei. Questo perché, come già detto, giochiamo con uno stack deep, e l’azione si sviluppa spesso su tutte le street, dividendosi quindi tra flop, turn e river.
I range di mani da giocare saranno differenti in funzione dei concetti di implied odds appena descritti, e non avremo il classico push in posizione preflop che si vede sempre nei sit & go a bui alti. Avremo rilanci e controrilanci, e spesso puntate e rilanci su ogni street. L’essere deep dà valore alle cosiddette mani ‘speculative’, come le coppiette o i ‘suited connectors’, che quando siamo ‘short’ in un torneo spesso non dobbiamo giocare. Nei tornei quindi i range di apertura cambiano in funzione dei bui e degli stack, nel cash game, supposto di essere sempre ‘deep’, sono condizionati soprattutto dal numero e dalle caratteristiche dei giocatori che parlano dopo di noi. Saremo quindi piuttosto ‘chiusi’, o ‘tight’ dalle prime posizioni, per aprire i range di apertura avvicinandoci al bottone.
Viene da se che i tavoli 6-max presentano solitamente un gioco più 'dinamico', aumentando il 'valore' media delle nostre carte in funzione dei giocatori presenti. Questa perché più avversari avremo contro, più probabilità ci sarà di trovare una mana che batta la nostra. II tipo di gioco è influenzato ovviamente anche dalle caratteristiche dei giocatori presenti al tavolo. Possono quindi generarsi tavoli più 'loose', dove saranno più frequenti i rilanci e i flop visti, e tavoli più tight con una percentuale inferiore di flop visti e giocatori che passano più facilmente. Tutti questi parametri dovranno essere presi in considerazione quando andremo a stimare le nostre implied odds. Per esempio, in un tavolo molta loose postflop, le mani speculative saranno più profittevoli perchè è più facile che possano farci vincere tutto lo stack dell'avversario, rispetto ad un tavolo chiusissimo dove potremmo estrarre meno valore dai punti forti.